Fausto Mesolella - Live ad Alcatraz (High Resolution Audio)
[Hi-Res Audio] Fausto Mesolella - Live ad Alcatraz
Fausto Mesolella, guitar and loop pedal
Ferdinando Ghidelli, pedal steel
DSD / Stereo / HiFi Reference
Carlos Miranda harpsichord, piano, accordion, synthesizers, percussion
John Knight 1st violin, John Gralak 2nd violin,
Stephen Tees viola, Justin Pearson cello, Enid Hughes flute,
James Dower flute, Daniel Edmondfrench horn,
Norman Archibald trumpet Peter Hamilton-Box double bass
Chorus sung by the company plus Charlotte de Rotschild vocals,
Blue Lu the scream, vocals
THE LINDSAY KEMP COMPANY
A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM
Prologue
Scherzo
Parade: The changeling’s song
Hail mortal: Titania’s song
Moon-light scene
Court dances: blind man’s buff – Spanish dance
The mechanics rehearsing – storm “…Love in idleness…”
The lover’s awaken
Lullaby (From Mendelssohn’s “Song with chorus”)
Trasformation of bottom into a beast and orgy in the woods
Nocturne
“Playscene…” A merry and tragical scene
Finale
TIME: 54’08”
Giulio Cesare Ricci with Luca Mainardi, recording designed
All photographs by Richard Haughton
Giulio Cesare Ricci e Luca Mainardi, general producers
Recorded in England – Printed in Italy
C'è una sequenza di accordi di piano che mi prese completamente la prima volta che vidi il "Sogno" nella versione della Lindsay Kemp Company. Quegli accordi, così delicati e densi di malinconia, si fondono perfettamente con lo stupore di Bottom, casuale strumento di giochi senza fine, e con la compiacenza di Puck, nel momento in cui lo libera dall'incantesimo che l'aveva trasformato nel mostro, poi amante di Titania, nella notte di follia erotica. In tutta l'opera, la fusione tra immagine e suono, è magia e purezza, unici temi guida e fonti di ispirazione. La musica trova quindi un suo divenire naturale nei giochi delle fate: un autentico tappeto sonoro pronto a sorreggere i quadri che Lindsay e gli altri disegnano con la grazia di sempre. Strutturalmente la magia delle fate si poggia su un arpeggio di sei note che costituiscono la cellula armonica dei brani stessi, per cui le danze dei folletti, l'intergioco degli amanti e la tragedia di Bottom, hanno tutti la stessa radice armonica; il filo conduttore risulta così gentile all'orecchio da poter essere paragonato a quello stato d'animo che si avverte nelle parole di Puck "che stupidi che sono questi mortali" con tutta l'ironia e la tenerezza implicite in questa frase-arpeggio. Carlos Miranda apre la porta ad una generazione di musicisti che credono in un nuovo impressionismo, in qualcosa che, fuori da ogni definizione attuale, porti in Europa una ventata di arte carica di un fascino decadente, più Genettiano che D'Annunziano, densa di colori e di illusioni come la parte più bella della beat generation, anch'essa conscia di Baudelaire, di Gustav Mahler e del nostro Modigliani. La genialità di Carlos Miranda sta paradossalmente nel fatto di proporre immagini nuove filtrate da una mente in linea naturale con quei compositori del passato che scrivevano musica per il teatro, o meglio componevano immaginandosi determinate situazioni; con la coscienza della scena. Più grandi, meno grandi, parliamo di un Wagner o di un Grieg in mezzo ad infiniti talenti sconosciuti, - comunque quest'idea così sfumata dell'arte e della musica non ha trovato fino ad oggi nell'universo "Pop", degli esponenti di primo piano, capaci di imporre la loro visione come vincente sulle altre, o quantomeno a un livello tale da essere considerata come un qualcosa di cui non si può non tener conto. Nel sogno ci sono: brani che richiamano l'opera barocca, la malinconia dei clown, insiemi cameristici e macchine elettroniche; che si integrano con una lucidità, una chiarezza e un controllo generale sulla situazione, tali da ricevere il massimo dagli strumenti impiegati, come mai avevo sentito prima. E il fatto che la cosa sia stata concepita, sofferta e realizzata per il teatro rende il tutto colmo di fascino e inspiegabilmente "moderno", come la vertigine di Aragon. Non credo che il disco abbia bisogno di ulteriori spiegazioni: chi vorrà amarlo per la sua immediata gradevolezza sarà soddisfatto, come chi vorrà scavare un po' più a fondo troverà materiale per meditare e far viaggiare la mente. Il nostro lavoro si è limitato a far sì che le musiche siano apprezzate da chi ha visto lo spettacolo come da chi non lo ha visto: le abbiamo incise con lievi ritocchi negli arrangiamenti e nel mixaggio per consentire un ascolto fluido una volta privi delle immagini e del teatro, cercando di dare più vigore ed evidenza ai brani a sé stanti, rispetto a momenti dove la musica è prettamente funzionale al contesto scenico. Vorrei concludere sulla scelta delle due fotografie di copertina: in prima è Oberon, re delle fate, con il suo sguardo magnetico, nobile e ambiguo: una inquietante fusione di gioco dei sensi e autorità. Nel retro è Puck con la luna che ritornano alla magia surreale della fiaba. Il momento in cui Puck coglie il fiore resterà per me uno degli episodi che più hanno contato per la mia formazione musicale con quel violino che ora dialoga con il pianoforte e poi sembra liberarsi, più in alto ancora; ma, se oltre ad ascoltare la musica, qualcuno ricorderà le movenze di Lindsay sospeso in aria, così magico, come un demiurgo venuto ad insegnarci l'idea del sogno e della purezza, arriverà forse, a provare quel senso indefinito tra lo stupore e l'angoscia che fa fremere gli intellettuali e piangere le ragazzine ai concerti dei Beatles, come se fosse un alone immaginario che solo le grandi opere si contendono.
Luca Mainardi
Scheda tecnica
Hd Tracks
High Res Audio