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Mario Delli Ponti - pianoforte - J. BRAHMS (High Resolution Audio)
Mario Delli Ponti - pianoforte - J. BRAHMS (High Resolution Audio)
MARIO DELLI PONTI
pianoforte
JOHANNES BRAHMS
Sonata in fa diesis minore op. 2
Tre Intermezzi op. 117 ~ Intermezzi op. 118 n. 2 e op. 119 n. 1
JOHANNES BRAHMS (1833-1897)
Sonata in fa diesis minore op. 2 (1852)
- Allegro non troppo, ma energico
- Andante con espressione
- Scherzo
- Finale. (Introduzione -Allegro non troppo e rubato -molto sostenuto)
Tre Intermezzi op. 117 (1892)
- mi bemolle maggiore
- si bemolle minore
- do diesis minore
- Intermezzo in la maggiore op. 118 n. 2 (1892)
- Intermezzo in si minore op. 119 n. 1 (1892)
Concerto registrato il 10 novembre 1988 nell’Aula Magna dell’Università Bocconi - Milano
Registrato il 10 novembre 1988 nell'Aula Magna dell’UniversitàBocconi, Milano; configurazione bi-microfonica ad effetto di campo (Studio Fonè)
Recording engineer: Giulio Cesare Ricci
Direttore di produzione: Giulio Cesare Ricci
Assistente alla produzione: Michele Lippi
Pianoforte: gran coda Kawai Ex n. 1630001
Assistenza tecnica al pianoforte: Andrea Bruzzolo
Grafica: Sergio Tani.
Brahms: La prima e l’ultima onda
Tra le prime e le ultime prove di un musicista l’itinerario è sempre avventuroso, ricco di scelte improvvise e inattese, d’impennate, di superamenti, di contraddizioni. È inutile proporre esempi che sono nella mente di tutti. Una singolarità di Brahms risiede invece nel fatto che lo snodarsi della sua creatività nel tempo non segue percorsi labirintici, non presenta aspetti potentemente evolutivi, così come non manifesta mai inversioni di tendenza, tortuose crisi involutive per stanchezza o per ripensamenti. La distanza stilistica tra le opere registrate in questo disco, in cui sono presenti il primo avvio e il congedo del compositore, non è agevolmente avvertibile. Tutto scorre, in apparenza, perfettamente dominato, vitale e intenso. Si direbbe il lavoro di una persona da sempre dotata di leggendario equilibrio, di forza interiore e di esemplare pienezza d’essere. Eppure non si può non pensare a quel detto secondo cui '”la salute è uno stato precario da cui non c’è d'aspettarsi nulla di buono”. Evidentemente al tramonto del secolo romantico, in lui dominava, accanto ad un ego possente,pudico e ironico insieme, quell’inquietante interlocutore chiamato “Doppelgänger”,un “doppio di coscienza” complesso ed esigente come ogni fenomeno vissuto in tempi di epigonismo. Ne risulta che le superfici, la forma e la tecnica di scrittura cioè, di certo perfette e ammalianti, sono solo un aspetto, e non il più rilevante, della musica brahmsiana, indice e presagio di spessori inseguiti fin dalle prime prove per una segreta e innata capacità di pensare attraverso i suoni. Dote fondamentale di Brahms sembra così essere la memoria, o meglio una funzione di essa, la facoltà di concepire e organizzare in successione temporale un’invenzione ab inizio misteriosamente piena e consapevole, già colma di avvenire. Ogni poeta e anche profeta, ma il musicista amburghese dispone le frasi con un progetto tutto proiettato avanti nel “ricordo”, paradossale e struggente, di un futuro vagheggiato, secondo una prospettiva mentale rovesciata che sarebbe piaciuta a Borges. La grande carica nostalgica brahmsiana è dunque ricca di questi giochi del pensiero e se è vero che nostalgia è “dolore del ritorno'”, questo viaggio in ricerca di un’unità e di un’origine perdute, ha anche il peso espressivo della sua “lontananza” di grandioso epigone in epoche di poderosi mutamenti. Tutto ciò si manifesta attraverso un sensazionale magistero tecnico co si come notò Arnold Schönberg nel suo famoso saggio “Brahms il progressivo” là dove scrive: “La più grande abilità di un compositore è quella di prevedere sempre il più lontano futuro dei suoi temi e de suoi motivi. Egli deve essere capace di conoscere in anticipo le conseguenze discendenti dai problemi intrinseci al suo materiale, e di organizzare di conseguenza ogni cosa. Che poi egli faccia tutto queste coscientemente o inconsciamente, è questione di secondaria importanza. Basta che il risultato lo dimostri”. Certamente questo perenne stato di grazia nella scrittura lo ha posto sempre al riparo dai rischi dello sperimentalismo fine a stesso di anni giovanili, come dal varcare la soglia del decadentismo, anagraficamente prossima. È anche argomento persino stucchevole notare in lui, come in altri musicisti gravitanti intorno ad una Vienna musiliana, i segni premonitori di quel male segreto che determinò poi lo sgretolamento di un’intera grande società che aveva retto, si può ben dire, le sorti d’Europa. Malessere interiore che, con le musiche di questo disco, può essere scorto in controluce, intrecciato tra l’ordito dell’opera e la trama della vita di Brahms. A condizione di osservare discretamente e senza soffermarsi troppo la filigrana dell'esistenza del nostro musicista, va notato che la prima composizione ha la medesima dedicataria dell’ultima: Clara Schumann. Dall’ardore al calor bianco della Sonata giovanile (“seconda” solo per ragioni di opportunità editoriale, ma composta per prima) al sereno ed emozionante congedo delle ultime pagine, un arco di vita di più di 40 anni fondamentalmente da solitario è tutt’ora in buona parte (e per nostra fortuna) un mistero. Un’interpretazione psicoanalitica ha persino avanzato l’ipotesi di “un’inibizione coniugale” di cui egli avrebbe sofferto. All’ascoltatore ciò importa poco. Infatti gli è chiaro, ancor più che al medico, che la dolcezza stremata e rinunciataria di certe sue pagine possiede una tale smemorante tenerezza nel gesto di rimpianto amoroso e di compianto per ciò che sarebbe potuto essere, ma non fu, che se anche non lo ha “guarito”, lo assolve dal doloroso e sostanzialerifiuto d’amore che lo accompagnò nella quotidianità. Il costruttore diciannovenne di una ben spaziata e ardente Sonata che per ironia lasciò chiamare dagli impauriti, ma retorici pianisti d’allora “l’Inseguibile” (fu fatta ascoltare pubblicamente solo nel 1882) è lo stesso uomo che si è confidato tra i ripiegamenti e le ombre degli Intermezzi. Non è difficile, come scritto prima, scorgervi la stessa mano: la manco che reagiva con un possente senso di costruttività alle profezie di fine delle arti lanciate da Hegel e poi da Nietzsche. Alla fine si era convinto che in musica tutto fosse già stato detto e che non rimanesse più nulla da ricercare. Viene in mente, testimonianza e profezia insieme, il famoso incontro a BadIsch nel 1894 colo giovane Gustav Mahler. I due discutono appoggiati alla spalliera di un ponte sulla Trau. Brahms mostra insofferenza: “La musica è alla fine; le ultime note sono già state scritte; cosa credete di poter fare ancora voi giovani?”, indicando l’acqua del fiume, Mahler replicò: “SchauenSie, HerrDoktor… dort… Schauen Sie… da sist die letze Welle… die letze Welle… die letzte Welle…”. Sembra poi, sempre se l’aneddoto come pare, è autentico, che Brahms, costretto a vedere all’infinito e l’”ultima nota” abbia risposto con un sorriso: “Possa almeno fluire verso il mare e non verso un pantano”. Ancora una volta Brahms è “salvo”, respinge ogni tentazione autodistruttiva, si apre al tempo ignoto e rinuncia al grandioso, ma decadente incendio di sé nel fuoco della bellezza estrema e postrema.
Mario delli Ponti
C'è una tradizione da rispettare, nelle varie iniziative bocconiane di carattere artistico e culturale, ed è quella di affidare ogni anno ad un libro, ad un'opera grafica, ad un oggetto, il ricordo delle manifestazioni più significative. Quest'anno, data la rilevanza assunta dalla stagione concertistica organizzata dall'Università e dal/'JSU Bocconi, che richiama nell'Aula Magna un folto, affezionato e qualificato pubblico, si è voluto fissare in un disco il concerto di apertura, affidato ad un pianista di primissimo rango, Mario Del/i Ponti, che ha interpretato da par suo, su pianoforte a gran coda Kawai, indimenticabili brani di Brahms. L'Università Bocconi è quindi lieta di offrire ai suoi amici ed estimatori questa incisione, che ci riporta in un'atmosfera suggestiva e che ci ricorda le manifestazioni concertistiche bocconiane entrate ormai nella tradizione della Milano musicale.
Dicembre 1988
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